FAQ

Lo psicologo è un professionista laureato in Psicologia e che, dopo aver svolto un anno di tirocinio, ha superato l’Esame di Stato per conseguire l’abilitazione all’esercizio della professione. In quanto iscritto all’Ordine degli Psicologi è vincolato al rispetto del Codice Deontologico degli Psicologi. Svolge attività di prevenzione, sostegno, diagnosi, abilitazione e riabilitazione al fine di promuovere il benessere psicologico delle persone, del gruppo e della comunità.

Si rivolgono allo psicologo persone di ogni età, che si trovano in un momento di crisi o che desiderano conoscersi meglio e raggiungere un maggiore benessere psicologico e fisico. Alcuni si rivolgono allo psicologo su consiglio di altri, ad esempio un amico, un familiare o il proprio medico di famiglia, ma è importante affinché l’intervento raggiunga risultati soddisfacenti che siano loro stessi motivati a richiederlo.

Lo psicologo può intervenire efficacemente in diverse situazioni. Alcuni esempi possono essere:

  • il disagio legato a disturbi come ansia o depressione;
  • una situazione problematica nel rapporto con gli altri;
  • difficoltà ad affrontare le fasi delicate della crescita;
  • situazioni di stress di varia origine come il disagio scolastico o lavorativo
  • difficoltà ad affrontare una separazione

Lo psicologo utilizza principalmente due strumenti: il colloquio e i test psicologici. Il loro impiego serve per comprendere meglio la situazione della persona e per favorirne il cambiamento nel senso desiderato. Non è un medico e quindi non può prescrivere né farmaci né esami clinici.

Lo psicoterapeuta sistemico-relazionale è lo psicologo o lo psichiatra che, dopo aver conseguito la laurea in Psicologia o la specializzazione in Psichiatria, frequenta una scuola di specializzazione quadriennale o quinquennale in Psicoterapia a orientamento Sistemico-Relazionale.

Perché Sistemica? Il malessere presentato dalla persona viene letto non tanto come problema dell’individuo, ma come espressione di disagio di uno dei suoi sistemi di appartenenza. Viene solitamente privilegiata l’ottica familiare, ma le dinamiche disfunzionali possono manifestarsi anche nel sistema coppia, nel gruppo amicale, nell’ambiente lavorativo, etc.

Perché Relazionale? L’identità individuale viene considerata come frutto delle relazioni significative che la persona ha intrattenuto nel corso della sua vita; pertanto, un’eventuale problematica non viene letta e trattata come caratteristica insita nell’individuo, ma come esito di esperienze relazionali. Il fine della terapia è quello di trovare modalità relazionali differenti con i sistemi di appartenenza.

L’approccio sistemico-relazionale può rivelarsi utile per le persone che ritengono di avere delle difficoltà in specifici rapporti (di coppia, genitoriale, lavorativo, etc.).

In particolare, può rivelarsi utile al presentarsi di problematiche evolutive da parte dei bambini e/o degli adolescenti.

Questo tipo di terapia è, inoltre, finalizzato a leggere eventi e situazioni in modo maggiormente tollerabile da un punto di vista emotivo e trovare un significato possibile a difficoltà personali e/o familiari.

Il lavoro psicoterapeutico non è dunque prettamente rivolto al trattamento del sintomo manifesto, ma alle situazioni relazionali che lo hanno generato.

Lo psicoterapeuta è uno psicologo, ma può essere anche un medico, che sceglie di approfondire e ampliare le sue competenze professionali frequentando per 4 oppure 5 anni una scuola di Psicoterapia. Si occupa di favorire il cambiamento consapevole dei processi psicologici della persona, dai quali dipende un disagio o uno stile di vita inadeguato. I disagi psicologici sono connotati spesso da sintomi come depressione, ansia, difficoltà relazionali, disturbi psicosomatici, dipendenze, problemi alimentari.

Lo psichiatra è laureato in Medicina e successivamente specializzato in Psichiatria. Si occupa di disturbi psichici e malattie mentali utilizzando un approccio medico – che comprende spesso la prescrizione di farmaci – e cioè focalizza la sua attenzione sul sintomo cercando di risolvere solo quello. Se ha frequentato una scuola di psicoterapia di durata quadriennale è anche psicoterapeuta.

Il neurologo è laureato in Medicina e specializzato in Neurologia. Si occupa prevalentemente di disturbi collegati a deficit del sistema nervoso, quali ad esempio il Parkinson e l’Alzheimer. Inoltre, si interessa dei danni provocati da lesioni conseguenti a eventi come l’ictus e il trauma cranico.

Occupandosi di aspetti differenti del disagio della persona, nei casi più complessi, queste figure professionali possono collaborare tra loro ottenendo un risultato migliore di quello che verrebbe raggiunto attraverso l’utilizzo esclusivo di uno solo.

Il mediatore familiare è un professionista che dopo aver conseguito una laurea specialistica in Psicologia o in Giurisprudenza o in Servizi sociali o in Sociologia o in Scienze della formazione e/o dell’Educazione ha frequentato un corso di formazione in Mediazione familiare, in genere di durata non inferiore ai dodici mesi e di almeno 250 ore, che comprenda lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche.

Il mediatore familiare, esperto nella gestione dei conflitti all’interno della famiglia, è una figura neutrale che mantiene sempre una posizione imparziale, per offrire uno spazio riservato in cui trattare tutti gli argomenti relativi alla separazione e alla genitorialità condivisa. Il mediatore non cerca di annullare il conflitto né si azzarda a fare una conciliazione, ma nel disordine emotivo aiuta a recuperare la capacità comunicativa progettuale, trasformandola in funzione del ruolo genitoriale.

La mediazione familiare è un percorso rivolto alle coppie separate/divorziate o in via di separazione/divorzio, che aiuta le parti a stabilire e rendere la comunicazione funzionale per una riorganizzazione delle relazioni familiari, che li veda contemporaneamente partner separati e genitori uniti, ponendo l’accento sulla genitorialità condivisa.

Rivolgersi alla mediazione familiare deve essere una scelta volontaria, animata dall’intento di trovare una collaborazione tra le parti, come valida opportunità per garantire ai figli di crescere con la vicinanza e le cure di entrambi i genitori.

La mediazione familiare non si sostituisce alle procedure legali-giudiziarie e non impone accordi che non siano condivisi da entrambi i genitori. Quando si decide di intraprendere un percorso di mediazione, il Giudice potrà concedere un tempo congruo durante il quale le parti possano negoziare e scrivere quegli accordi, che poi verranno riportati in Tribunale.